giovedì 27 marzo 2014

Emozioni e pubblicità: quando l’umore influenza la persuasione


Le pubblicità, lo sappiamo, cercano di attrarci e convincerci in ormai tutti i modi possibili e immaginabili. Una strategia molto efficace e utilizzata è quella di evocare delle emozioni nello spettatore che si sentirà così maggiormente coinvolto. L’umore delle persone gioca un ruolo particolarmente importante sul livello di persuasione raggiunto dal messaggio, influenzando la profondità di elaborazione. Diversi studi, infatti, dimostrano che la manipolazione dell’umore determina particolari risultati persuasivi, in particolare:



  • quando viene presentato il messaggio e solo in un secondo momento viene manipolato l’umore, si avrà un maggiore potere persuasivo nel caso di umore positivo. Questo si verifica perché la manipolazione non influenza l’elaborazione del messaggio, che è già avvenuta, ma semplicemente lo stato d’animo del soggetto.

  • Al contrario, quando la manipolazione dell’umore precede la presentazione del messaggio, si avrà una maggiore profondità di elaborazione nel caso di umore negativo. Questo risultato si verifica poiché quando siamo di cattivo umore percepiamo che c’è qualche problema, qualcosa da risolvere e da approfondire e tendiamo quindi ad analizzare le informazioni più nel dettaglio e in profondità.
Questi due risultati sembrano in forte contraddizione tra loro ma riflettono il diverso tempo di manipolazione dell’umore: prima o dopo la presentazione del messaggio.
Quali possono essere le applicazioni in ambito pubblicitario? Semplice! Per convincerci ad acquistare un particolare prodotto basterà mostrarcelo e metterci poi di buon umore, ad esempio con un testimonial divertente o una situazione serena e felice. Un ulteriore esempio è rappresentato dalle pubblicità progresso volte a promuovere determinati comportamenti a tutela, ad esempio, della salute e della sicurezza. In questo caso viene spesso presentata una situazione forte e spiacevole che mette il soggetto in ansia e di cattivo umore e solo successivamente viene esposto il messaggio persuasivo che avrà così una maggiore influenza (si pensi alle frequenti scene di incidenti che caratterizzano le pubblicità sulla sicurezza stradale).
L'umore si dimostra quindi una variabile molto importante e che deve venir presa in considerazione nella realizzazione di un messaggio pubblicitario.

Vi vengono in mente altri esempi pubblicitari in cui viene utilizzata questa strategia?



Bibliografia
Bless, H., Bohner, G., Schwarz, N., & Strack, F. (1990). Mood and Persuasion: A Cognitive Response Analysis. Personality and Social Psychology Bulletin, 16(2), 331-345.

Briñol, P., Petty, R. E., & Barden, J. (2007). Happiness versus sadness as a determinant of thought confidence in persuasion: a self-validation analysis. Journal of personality and social psychology, 93(5), 711.



giovedì 13 marzo 2014

Outplacement: che cos’è e perché è così importante

Il contesto socio-economico in cui ci troviamo richiede continui cambiamenti ai lavoratori che devono adattarsi alle particolari esigenze del mercato attraverso un lavoro il più possibile flessibile. L’ormai famosa flessibilità, sempre più richiesta e ricercata, provoca nel lavoratore un senso di ansia e insicurezza, legato all’incapacità di sviluppare un personale percorso di carriera e di costruirsi un’identità professionale. È quindi necessaria una forma più sostenibile di flessibilità che non si traduca in una precarietà costante, ma tuteli i lavoratori tanto nell’entrata in un nuovo contesto organizzativo quanto (e soprattutto) nell’uscita dallo stesso. Proprio in questo secondo caso è importante far riferimento all’outplacement: delle società specializzate, cioè, agiscono come supporto alla ricollocazione dei dipendenti in uscita da un’azienda. Questo supporto è finalizzato a potenziare l’autovalutazione e la riqualificazione della persona, affiancandola attraverso il difficile periodo di transizione. Con l’outplacement, quindi, si cerca sia di aiutare la persona a fronteggiare l’impatto emotivo della perdita del lavoro, sia a migliorare le capacità di ricercare nuove opportunità occupazionali (descrizione del mercato del lavoro, self – marketing, costruzione del curriculum vitae, simulazione di colloqui,…), riuscendo a dimezzare i tempi di reinserimento. Questo percorso si articola in diverse fasi:

  1. Orientamento individuale: si aiuta la persona a elaborare la perdita del lavoro e a costruire una nuova identità professionale, attraverso colloqui di accoglienza e riconoscimento delle competenze.
  2. Orientamento collettivo: vengono esplicitate le finalità dell’intervento, le metodologie utilizzate, le aspettative e il programma, in modo da facilitare l’instaurarsi di una relazione basata sul rispetto reciproco. In questa fase si procede all’illustrazione dell’attuale mercato del lavoro aiutando le persone a prendere in considerazione diversi canali per la ricerca dello stesso.
  3. Formazione tecnica: in questa terza fase vengono proposti dei percorsi formativi volti ad aggiornare le competenze tecniche delle persone in uno specifico ambito lavorativo.
  4. Start – up d’impresa: questa fase facoltativa illustra i passi necessari per avviare una nuova impresa, spiegando vincoli, opportunità e analizzando la fattibilità del progetto.
  5. Accompagnamento al lavoro: si procede infine alla ricerca di una nuova occupazione attraverso un affiancamento in back office che permette l’individuazione di aziende potenzialmente interessate al profilo della persona.
Inoltre, è importante sottolineare che le agenzie che offrono tale servizio lavorano solo su incarico dell’azienda che ha licenziato la persona: è quindi necessario che quest'ultima richieda il servizio all’azienda stessa, chiedendo, ad esempio, che venga incluso nel pacchetto di buona uscita.
Questo servizio, purtroppo ancora poco conosciuto, merita una maggiore diffusione in modo che tutti ne siano a conoscenza e possano usufruirne in quei momenti di difficoltà e disperazione che accompagnano la perdita del lavoro. Nella speranza che questo aiuto possa prevenire conseguenze e comportamenti molto più gravi per la persona, che spesso si sente sola e abbandonata.

Bibliografia

Boccato, A. & Serra, A. (2010). Outplacement. Psicosociologia della riqualificazione e del ricollocamento professionale. Piccin.

www.aiso-outplacement.it


giovedì 6 marzo 2014

La relazione tra passione lavorativa e creatività


Esiste una qualche relazione tra passione lavorativa e creatività? Questa domanda è stata il punto di partenza della mia tesi di laurea. Mi sono infatti chiesta se le persone armonicamente appassionate al proprio lavoro, tendessero a mettere in atto dei comportamenti maggiormente creativi. A questo proposito è importante far rifermento alla distinzione tra passione armoniosa e ossessiva proposta da Vallerand:
  • Passione armoniosa: le persone sono mosse da una motivazione intrinseca che le spinge a impegnarsi nell'attività. Questa viene considerata importante, significativa e parte di sé. Il lavoro risulta quindi in armonia con la vita della persona che riesce a trovare il giusto equilibrio tra quest’ultimo e le altre attività (famiglia, hobby, …).
  • Passione ossessiva: la persona è mossa prevalentemente da una motivazione estrinseca, l’attività viene quindi svolta per ottenere dai vantaggi o riconoscimenti esterni. In questo caso il lavoro tende a occupare uno spazio eccessivo rispetto alle altre attività della vita, che vengono così trascurate. La persona si sente schiava e dipendente dal proprio lavoro.
Sulla base di questa distinzione, e analizzando la letteratura presente, ho ipotizzato che la passione armoniosa fosse positivamente correlata ai comportamenti creativi messi in atto nel contesto lavorativo. In riferimento ad alcuni studi già condotti, infatti, mi aspettavo che le persone armoniosamente appassionate al proprio lavoro, grazie al maggiore coinvolgimento, attenzione, impegno, adattamento e flessibilità, mettessero in atto dei comportamenti maggiormente creativi.
Inoltre, gli esiti positivi legati alla passione armoniosa dovrebbero spingere le persone a sperimentare nuove strategie e modalità lavorative allontanandosi dalle pratiche più consolidate.
I risultati ottenuti, attraverso la somministrazione di questionari, hanno confermato la mia ipotesi iniziale: più i lavoratori sperimentano una passione armoniosa e più tendono a mettere in atto dei comportamenti creativi. Questo risultato può avere importanti implicazioni a livello organizzativo: per stimolare la creatività, ad esempio, si può favorire lo sviluppo di una passione armoniosa, aiutando le persone a vivere la sfera lavorativa nel modo migliore e facilitando l’integrazione del lavoro nella vita privata. L’ambiente lavorativo, quindi, dovrebbe permettere alle persone di soddisfare i propri bisogni di competenza, autonomia e relazione in modo da facilitare lo sviluppo di una motivazione intrinseca. Allo stesso modo è importante che i lavoratori si sentano apprezzati e presi in considerazione da colleghi e superiori, venendo valorizzati per le proprie capacità e competenze. In questo modo la creatività si svilupperebbe naturalmente e in modo spontaneo, senza venir imposta dall'alto. Considerare la creatività una conseguenza naturale della passione lavorativa, può dunque dimostrarsi una buona strategia per ottenere molti vantaggi che vanno ben oltre la semplice (ma fondamentale) creatività.

Bibliografia
Ryan, R. M., & Deci, E. J. (2000). Intrinsic and extrinsic motivations: classic definitions and new directions. Contemporary Educational Psychology, 25 (1), 54-67.

Vallerand, R. J., Mageau, G. A., Ratelle, C., Léonard, M., Blanchard, C., Koestner, R., Gagné, M., & Marsolais, J. (2003). Les passions de l’âme: on obsessive and harmonious passion. Journal of Personality and Social Psychology, 85 (4), 756-767.

Zhou, J., & George, J. M. (2003). Awakening employee creativity: the role of leader emotional intelligence.
The Leadership Quarterly, 14 (4), 545-568.